I discepoli avevano un posto in prima fila. Pietro era lì, non solo quando Gesù scacciava i demoni, o predicava il Sermone sul Monte, o quando veniva battezzato, ma Gesù gli permise anche di essere presente quando la figlia di Giairo fu risuscitata dai morti, nei momenti strazianti di preghiera nel Giardino del Getsemani e sulla montagna durante la trasfigurazione.
Queste erano cose che Pietro vide. Udì le parole di Gesù. Percepì. Sentì. Sapeva cosa stava vedendo, e posso solo immaginare quanto fosse difficile per lui credere ai suoi occhi, alle sue orecchie, o a qualsiasi altro suo senso.
Ma quella storia era la sua. Poteva raccontarla perché era stato lì. A volte la storia accadeva a lui. A volte accadeva attorno a lui. E poi andò avanti a raccontarla, ed è questo il punto di Pietro mentre inizia la sua seconda lettera ai credenti, a quegli altri che avevano ricevuto il dono della fede in Cristo ed erano stati salvati dall’ira di Dio in arrivo. Egli era un testimone:
Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Egli, infatti, ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse: «Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». E noi l’abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo.
2 Pietro 1:16-18
Pietro e il resto dei discepoli potevano avere un certo vantaggio. Erano lì quando Gesù camminava sulla terra. Hanno vissuto tutto questo. Hanno visto tutto.
Ma significa forse che noi siamo svantaggiati e che non siamo in grado di sperimentare Cristo in modo simile a Pietro e ai discepoli? Non possiamo anche noi conoscere Cristo?
Sì, possiamo. Se lo desideriamo.
Sì, possiamo. Se la nostra fede va oltre le parole.
Sì, possiamo. Se la nostra esperienza di Cristo esiste all’interno della comunità di Cristo, ma va anche oltre la comunità per arrivare alla persona risorta e vivente di Gesù, al nostro Signore e Salvatore che è chiamato anche nostro amico, nostro fratello, nostro coerede dell’eredità dal nostro Padre celeste.
Gesù promise ai suoi discepoli che sarebbe stato con loro. È anche con noi. Cammina con noi. Mentre andiamo, lui è lì. Ogni giorno, leggendo la sua parola, lo riceviamo. Lo assorbiamo. Viviamo una vita con Cristo e lo vediamo muoversi e agire nelle nostre esperienze quotidiane.
Anche noi siamo suoi testimoni. Pietro e gli altri discepoli erano presenti quando Gesù era fisicamente qui sulla terra. Anche noi siamo qui ora perché, in noi, Gesù è spiritualmente presente sulla terra. Non in senso metaforico. In senso reale. Attraverso la parola di Dio e attraverso il suo Spirito. Anche noi possiamo fare esperienza di Gesù, e possiamo raccontare le storie di come ci ha cambiati, o di come ha cambiato le nostre circostanze, o di come ha operato nelle persone o nelle situazioni attorno a noi. Anche noi siamo testimoni oculari di queste cose. Le abbiamo viste, e, come Pietro, testimoniamo la sua maestà affinché egli riceva gloria sia per chi è che per ciò che ha fatto.