Quante volte finiamo per indignarci verso gli altri, quando in realtà siamo noi stessi a compiere le stesse cose o cose simili? I peccati degli altri sono spesso sulle nostre labbra, mentre quelli che commettiamo noi raramente vengono ammessi, per non parlare del pentimento.
Davide aveva preso la moglie di Uria, l’aveva messa incinta e poi aveva mandato Uria in guerra affinché venisse ucciso, così da coprire il proprio peccato. Eppure, quando Natan andò da Davide per confrontarlo riguardo a ciò che aveva fatto, Davide si indignò contro l’uomo ricco della storia inventata da Natan, che aveva preso l’agnella dell’uomo povero per darla in pasto a un viandante di passaggio.
Davide si adirò moltissimo contro quell’uomo e disse a Natan: «Com’è vero che il SIGNORE vive, colui che ha fatto questo merita la morte
2 Samuele 12:5
L’ira di Davide ardeva contro quell’uomo ricco fittizio. Era indignato per il peccato di un altro, mentre allo stesso tempo lui stesso non solo aveva preso l’“agnella” – la donna, Betsabea – ma anche la vita stessa di Uria.
Tutto questo per dire che dobbiamo imparare, prima di tutto, a esaminare noi stessi. Invece di guardare agli altri come se fossero gli unici a peccare e a dover essere biasimati, cominciamo noi stessi con umiltà e pentimento.