Paolo non si faceva scrupoli a utilizzare sistemi politici o religiosi per sfruttare quel particolare sistema a suo vantaggio. Spesso si trovava nei guai, che fosse davanti ai soldati locali, ai governatori e ai magistrati, oppure, come vediamo qui in Atti 23, davanti al Sinedrio, il consiglio di governo ebraico.
Dopo essere stato colpito per ordine del sommo sacerdote per aver dichiarato di aver compiuto il suo dovere verso Dio, Paolo iniziò con il piede sbagliato davanti a quel consiglio. Tuttavia, ebbe un’idea, un piano per portare il consiglio stesso a un punto morto e uscire da quella situazione:
Ora Paolo, sapendo che una parte dell’assemblea era composta di sadducei e l’altra di farisei, esclamò nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; ed è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti che sono chiamato in giudizio». Appena ebbe detto questo, nacque contesa tra i farisei e i sadducei, e l’assemblea si trovò divisa. Perché i sadducei dicono che non vi è risurrezione, né angelo né spirito, mentre i farisei affermano tutte queste cose.
Atti 23:6-8
Paolo parlò con saggezza e sincerità. Aveva ragione: era in giudizio a causa della sua speranza nella risurrezione dei morti. Come fariseo, credeva che un giorno ci sarebbe stata una risurrezione. Ma questa non era solo una credenza teorica: aveva vissuto questa verità perché aveva incontrato Gesù di persona. Sapeva che Gesù era stato crocifisso e ucciso, ma sapeva anche che successivamente Gesù lo aveva affrontato mentre era sulla strada per Damasco.
Paolo sapeva che Dio risuscitava i morti perché lui stesso lo aveva sperimentato. Lo aveva visto. Aveva visto Gesù e aveva riposto la sua fede in lui, credendo che Dio un giorno lo avrebbe risuscitato attraverso Cristo.
Questa era la vera convinzione di Paolo: era lì a causa della sua speranza. La sua speranza era fondata sulla risurrezione di Cristo e sulla certezza che un giorno anche lui sarebbe stato risuscitato.
Ma non era solo una convinzione spirituale a spingerlo a dichiarare che era in giudizio per la speranza della risurrezione. Paolo era cresciuto studiando per diventare un fariseo, quindi conosceva bene le differenze tra farisei e sadducei. Sapeva perfettamente che, pur essendo entrambi gruppi di leader ebrei, c’era un forte disaccordo tra loro sulla questione della risurrezione.
Paolo sapeva anche che, affermando di essere sotto processo per la speranza nella risurrezione, avrebbe immediatamente portato alla luce questo disaccordo tra i suoi accusatori. I membri del Sinedrio erano generalmente uniti nella loro opposizione a Paolo a causa della sua predicazione e del suo insegnamento su Gesù come Messia, ma non appena introdusse l’idea della risurrezione dei morti, si divisero. Questo fu un grande vantaggio per Paolo, perché ora non erano più concentrati su di lui, ma l’uno contro l’altro. Il loro fuoco polemico si rivolse all’interno, anziché contro di lui.
Di fronte a questa situazione e all’astuzia di Paolo, non posso fare a meno di ricordare le parole di Gesù ai suoi discepoli mentre li inviava a testimoniare di lui:
Ma quando vi metteranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come parlerete o di quello che dovrete dire; perché in quel momento stesso vi sarà dato ciò che dovrete dire. Poiché non siete voi che parlate, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Matteo 10:19-20
Gesù in quel momento parlava specificamente dei discepoli portati davanti a governatori e re, ma questa situazione mi sembra piuttosto simile. Paolo era sotto processo per la sua vita. E come affronta la situazione? Mostra una lucidità incredibile, una prontezza e un’intuizione quasi soprannaturali, soprattutto considerando il contesto. La sua capacità di pensare chiaramente gli permette di affermare una verità spirituale importante, utilizzando al contempo le linee di divisione politiche e religiose tra farisei e sadducei. Questo fu sufficiente perché la guardia romana, che sorvegliava il suo destino davanti ai leader ebrei, lo portasse via.
Tutto questo, per me, sottolinea una verità fondamentale: il nostro compito è parlare della realtà di Cristo, ma mentre lo facciamo, dobbiamo sempre ricordare che Egli è con noi. Gesù è presente con noi, con la sua potenza e la sua saggezza, e ci chiama a usare ciò che ci ha dato. Ci ha dato speranza. Ci ha dato la storia da raccontare agli altri. Ma soprattutto, ci ha dato sé stesso, accompagnandoci con la potenza e la presenza dello Spirito Santo che vive in noi, per portare il messaggio della riconciliazione con Dio in Cristo, attraverso la speranza della risurrezione dei morti.