Ora che Aman era stato impiccato alla forca, Serse tornò da Ester per chiederle se ci fosse qualcos’altro che desiderava fare, qualcosa di ulteriore che dovesse essere compiuto. Lei gli disse che, in effetti, c’era ancora del lavoro da fare. Nella città di Susa, avrebbero dovuto continuare a inseguire i restanti nemici fino alla loro completa distruzione. Non ci sarebbe stato riposo finché tutto questo non fosse stato realizzato.
E così a Susa, questa operazione proseguì per due giorni, mentre al di fuori di quella città i combattimenti contro i loro nemici durarono solo un giorno. Dopo quei combattimenti, Mardocheo chiese ai Giudei di riposare e di celebrare. Avrebbero ringraziato Dio e si sarebbero scambiati doni in una celebrazione che sarebbe stata chiamata Purim, una festa che continua ancora oggi.
La radice di questa festa è la parola “pur”, che significa “sorte” in italiano. Purim è il plurale, quindi “sorti”. Si diceva che Aman e i nemici dei Giudei avessero gettato il pur per la distruzione dei Giudei:
I Giudei si impegnarono a continuare quello che avevano già cominciato a fare, e che Mardocheo aveva loro scritto; poiché Aman, figlio di Ammedata, l’Agaghita, il nemico di tutti i Giudei, aveva tramato contro i Giudei per distruggerli e aveva gettato il Pur, vale a dire la sorte, per sgominarli e farli perire; ma quando Ester si fu presentata davanti al re, questi ordinò per iscritto che la scellerata macchinazione che Aman aveva ordita contro i Giudei fosse fatta ricadere sul capo di lui, e che egli e i suoi figli fossero appesi alla forca. Perciò quei giorni furono detti Purim, dal termine Pur. Secondo tutto il contenuto di quella lettera, in seguito a tutto quello che avevano visto a questo proposito e che era loro accaduto, i Giudei stabilirono e presero per sé, per la loro discendenza e per tutti quelli che si sarebbero aggiunti a loro, l’impegno inviolabile di celebrare ogni anno quei due giorni nel modo prescritto e al tempo fissato. Quei giorni dovevano essere commemorati e celebrati di generazione in generazione, in ogni famiglia, in ogni provincia, in ogni città; e quei giorni di Purim non dovevano cessar mai di essere celebrati fra i Giudei, e il loro ricordo non doveva mai cancellarsi fra i loro discendenti.
Ester 9:23-28
I Giudei continuano a celebrare questo giorno ancora oggi, il 14 del mese per i Giudei fuori da Gerusalemme, e il 15 a Gerusalemme e in altre città simili perché sono città murate, come Susa, a causa del giorno aggiuntivo di combattimento contro i nemici dei Giudei.
Alcune osservazioni e applicazioni:
In primo luogo, è interessante che i Giudei abbiano scelto e utilizzato la parola Purim per l’istituzione di questa festa. Stanno usando una parola che suggeriva la loro distruzione. Invece di una parola come “indipendenza” o “salvezza” o qualcosa che si concentri sul positivo, hanno scelto una parola che si focalizza sulla loro possibile distruzione come termine per ricordare e celebrare quel giorno.
Per noi, indipendentemente da come lo facciamo, dobbiamo ricordare la fedeltà di Dio. Tranne durante il tempo di preghiera e digiuno, non vediamo un’interazione diretta con Dio in questa particolare storia di Ester, ma vediamo che Dio rimase fedele ai Giudei, salvandoli dalla distruzione totale che era stata pianificata contro di loro da Aman.
Dobbiamo anche guardare indietro, ricordando ciò che Dio ha fatto per noi e come è stato fedele nei nostri giorni.
Ma ancora di più, dobbiamo ricordare che anche noi siamo stati salvati dalla distruzione. Proprio come i Giudei, anche noi eravamo destinati alla distruzione, in realtà a una distruzione eterna per la giustizia e l’ira di Dio. Ma Gesù è venuto e ci ha dato la salvezza, salvandoci dalla punizione di Dio per i nostri peccati. Così, nello stesso modo in cui i Giudei celebrano il loro salvataggio dalla distruzione per mano di Aman e dei loro nemici, anche noi dobbiamo celebrare e ricordare la nostra salvezza dalla distruzione come conseguenza del nostro peccato.